La scoliosi: esperienze e riflessioni per migliorare.

Ti stai chiedendo cosa abbiano a che fare il bambù, l’olivo e la scoliosi? leggi l’articolo!

Recentemente ho guardato un video molto interessante prodotto da una collega rolfer TM, Sara Bega di Massa Lombarda, che racconta la sua esperienza con la scoliosi e il busto che ha portato per 5 anni. Il video infatti si intitola “Scoliosi, busto e Rolfing”.

Sara racconta in prima persona le difficoltà che ha incontrato dovendo indossare il busto, e le strategie che aveva trovato per semplificarsi la vita convivendo con il busto. Il video ha avuto molto successo, poiché ha incontrato e rispecchiato l’esperienza di tutte quelle persone che hanno condiviso una simile avventura.

Io, al contrario di Sara, non ho avuto una esperienza diretta di scoliosi e busto, ma ho lavorato con molte ragazzine e ragazzini con scoliosi. Ho iniziato a formarmi le ossa (!) facendo l’insegnante di ginnastica correttiva insieme ad una mia collega insegnante di educazione fisica, Titti Gasparini, a Rimini. A dire il vero Titti mi ha accolta come assistente insegnandomi come agire, come leggere il corpo e come preparare dei programmi “su misura”.

Erano gli anni 80 del secolo scorso; in Italia non si sapeva nulla di Pilates e neppure di stabilizzazione del core. Ciò che facevamo si chiamava semplicemente “ginnastica correttiva”; un termine un po’ grezzo per descrivere invece il tipo di intervento molto raffinato che Titti utilizzava: la propriocezione unita al movimento prevalentemente isometrico (cioè mantenendo la posizione per un tempo adeguato), erano i fondamenti su cui basava l’intervento; allungare ciò che era “corto” e tonificare ciò che era “debole”, sempre controllando la posizione del bacino. Tutti i movimenti erano mirati e precisi, sostenuti da una attenzione al come venivano eseguiti, in modo da affinare la capacità di “sentire il movimento” per correggere la mappa mentale che sosteneva una certa abitudine del corpo. Gratitudine per sempre a Titti!

Poi è arrivato il Rolfing nella mia vita professionale, e privata.

Gradualmente ho lasciato l’insegnamento e mi sono dedicata al Rolfing. Avendo acquisito esperienza di lavoro con le scoliosi, da subito ho avuto modo di lavorare con adolescenti con scoliosi utilizzando questa volta il Rolfing, invece che l’esercizio.

Mi sono accorta ben presto di un aspetto a cui non avevo prestato attenzione precedentemente. Me lo ha svelato prestare attenzione agli sguardi perplessi sui visi dei miei giovani clienti. Di solito dal dottore si va quando si sta male. Loro venivano sottoposti a visite mediche, come se fossero malati; veniva diagnosticata una “aberrazione”, occorreva curare qualcosa che era assolutamente normale per loro. Se chiedi ad una bambina che ha la scoliosi se si senta “storta” ti dirà di no. Se si guarda allo specchio vedrà che una spalla è più alta dell’altra, vedrà le asimmetrie, specie se qualcuno gliele fa notare; ma se chiude gli occhi o distoglie lo sguardo dallo specchio, … tac … l’immagine interiore ritorna dritta! Allora, la prima incongruenza da considerare è fare pace fra l’immagine esteriore e quella percepita. Con pazienza, con il tempo, con la pratica, l’immagine corporea inizia a corrispondere con quella mentale. Le mappe di noi stessi che abbiamo nel nostro cervello gradualmente si ri-aggiornavano.

Un’altra scoperta che mi è arrivata dalla peculiarità che è propria del Rolfing® , è stato di guardare la persona intera e non solo la sua colonna vertebrale. Si noterà immediatamente che quella curva laterale spesso accoppiata a rotazione che osserviamo e definiamo “scoliosi”, è un leitmotiv: la ritroviamo nelle ossa iliache, nelle gambe, nelle braccia, nei piedi. Anche nel capo. Il movimento è tridimensionale, come una spirale che si muove nel corpo, attraversandolo.

Allora, da queste due osservazioni, mi è arrivata l’immagine che la scoliosi sia un modo di crescere. In natura ci sono alberi dritti come gli abeti o i bambù, e altri alberi molto storti, come gli olivi, che più storti sono, più fascino acquistano. Questa scoperta ha aperto i miei occhi mostrandomi quanto sia importante essere rispettosi dei tempi di crescita e di sviluppo delle persone; di quando sia necessario negoziare, di focalizzarci sul trovare un accordo fra noi, piuttosto che cercare immediatamente e insistentemente la soluzione. Rolfing è in definitiva una educazione: del corpo e del movimento.

Infine l’esperienza del busto. Mi è capitato di lavorare con adulti che avevano portato il busto da ragazzini. La memoria del busto era ancora impressa nel corpo: il busto invisibile si palesava sia con delle callosità, sia con un modo di muoversi poco articolato. Come dice Sara nel video: “avevo imparato a muovermi tutta d’un pezzo, non sapevo che il bacino e le spalle potessero articolarsi fra loro“. Ecco, dopo anni, questi donne e uomini adulti che avevano indossato il busto da ragazzini, ritrovavano la libertà del movimento. Di nuovo le mappe del cervello si aggiornavano.

Molto interessante è stato lavorare con una ragazzina, che chiamerò Lilli. Avevamo fatto già alcune sedute quando è arrivato il busto che l’ortopedico aveva consigliato. Andava indossato tutta la notte e alcune ore durante il giorno. Tutta la famiglia passava le notti in bianco, perché Lilli si lamentava, piangeva, voleva togliersi il busto e dormire in pace. Tutto ciò si è protratto per settimane, finché mi è venuta una idea. Chiedo a Lilli e alla mamma, di portare il busto in studio. Dopo il lavoro sul tavolo da massaggio faccio sedere Lilli davanti allo specchio. Come ho detto, avevamo già fatto varie sedute, perciò per Lilli era più facile entrare in contatto con le le sue sensazioni e percezioni più sottili. Iniziamo a sentirei contatto del bacino sullo sgabello, andando a cercare l’appoggio più equilibrato possibile con l’aiuto di micro movimenti dei piedi, gambe e anche. Gli occhi erano orientati e posati sull’orizzonte, per bilanciare il capo. Lentamente inizio a de-rotare, riallineare il torace, agendo sulla parte più sporgente a livello dello coste, e sulla parte lombare. Insieme: io dall’esterno invitavo il tronco ad espandersi e allinearsi, Lilli dall’interno mi seguiva e allentava le resistenze. Una danza. Poi le ho chiesto di indossare il busto, facendo attenzione ai punti in cui il busto premeva e facendole notare che erano gli stessi punti in cui le mie mani avevano premuto. Aveva due opzioni: resistergli o lasciarlo fare. A lei la scelta. Le notti bianche sono ritornate pacifiche.

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